Una recente analisi della Corte dei Conti europea ha mostrato come siano tanti i Paesi che pagano l’Unione Europea, pur di accedere ai suoi servizi. Ma non solo, in base alle ultime stime, sembra che la Brexit favorirà un aumento del flusso di denaro proveniente dai contribuenti extra-Ue. Ecco gli ultimi dati in merito.

Unione Europea: gli Stati che pagano per accedere ai suoi servizi

A partire dal programma Horizon, fino ad arrivare all’Erasmus, sono tante le attività dell’UE finanziate anche da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea. Dando uno sguardo al bilancio UE, infatti, è possibile notare come siano tanti i fondi  provenienti dai cosiddetti Paesi terzi, ovvero, come già detto, coloro che non fanno parte dell’Unione.

Nel 2019, ad esempio, più dell’1% delle entrate totali dell’Unione europea provenivano proprio da contribuenti Extra UE. Quest’ultimi, quindi, pur non facendone parte, decidono di stipulare accordi con l’Unione, potendo così accedere a vari servizi. Ma non solo, numeri alla mano, è possibile notare che le risorse finanziare stanziate dai Paesi Terzi erano pari a circa 1,5 miliardi di euro.

Gestione dei fondi e contribuenti extra – Ue: occhio ai numeri

Come evidenziato dalla Corte dei conti europea, circa l’1% delle entrate dell’Unione Europea proviene dai contributi pagati da 18 Paesi terzi. Entrando nei dettagli, tra i principali contribuenti si annoverano:

  • Svizzera e Norvegia, con 2,2 miliardi di euro ciascuna;
  • Turchia, ben 1,3 miliardi di euro;
  • Israele, per 1 miliardo di euro.

In cambio di questi contributi, quindi, i Paesi interessati hanno la possibilità di accedere a vari programmi dell’Unione Europea, come ad esempio l’Erasmus oppure Horizon. Ma non solo, bisogna sapere che i Paesi Efta, ovvero Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, forniscono mediamente  0,5 miliardi di euro l’anno direttamente ad alcuni Stati europei. In questo modo è possibile integrare la politica di coesione dell’Unione, riducendo le disparità di carattere sociale ed economico.

A proposito della gestione dei fondi, inoltre, i revisori dei conti UE hanno fatto notare come la gestione dei contributi provenienti da Paesi Terzi risulti decentrata. In tal senso, infatti, scrive: “Se una gestione decentrata consente un approccio più adattabile a seconda del programma dell’Ue e del Paese non-Ue coinvolto, rende anche più difficile alla Commissione e alle agenzie dell’Ue assicurare la coerenza tra casi simili e l’efficienza nel calcolo e nella raccolta dei contributi”. Per poi aggiungere: “La sfida consiste nel trovare il giusto equilibrio” tra “da un lato, la coerenza nelle procedure e l’efficienza nella gestione dei contributi dei Paesi terzi e, dall’altro, la possibilità di tenere conto delle circostanze specifiche riguardanti i programmi o i Paesi”.

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