Lasciamo stare per qualche minuto la terribile pandemia in corso, con la quale tutta l’Europa è costretta a fare i conti sia in termini sanitari, sia per quanto concerne l’impatto socio economico e finanziario. Questa premessa è d’obbligo, visto che ogni valutazione di tipo economico in questo momento non può prescindere in realtà da una valutazione legata alla problematica maggiore. Con questo articolo vogliamo però concentrarci sulla grande influenza che i fondi europei possono avere sulla produttività di un territorio, con un occhio in particolare sul meridione.
Esiste infatti un Fondo Europeo di Sviluppo Regionale detto FESR che ha proprio l’obiettivo di accrescere la coesione economica, sociale e territoriale tra Regioni e Stati dell’Unione Europea. In poche parole stiamo parlando di un fondo che ha l’obiettivo di colmare, o al momento di provare a ridurre, il divario economico presente in diverse aree dell’Unione. I rapporti di questo fondo, aggiornati a febbraio del 2020 (e anche da qui nasce l’esigenza di fare una valutazione che esuli dagli impatti del Covid 19), sono molto interessanti.
I dati del FESR mostrano infatti che quando nel Sud Italia i fondi comunitari sono stati stanziati in modo oculato, così da incrementare del 10% la spesa per le infrastrutture, ne è derivato un beneficio medio pari allo 0,3% del fattore di produttività. La percentuale può apparire bassa ed è sicuramente migliorabile. È evidente però che i fondi europei sono uno strumento realmente efficace per diminuire le disparità, oggi ancora visibili e presenti all’interno di molte aree d’Europa, come ad esempio avviene nel sud Italia, nel sud della Spagna e in buona parte di Portogallo e Grecia.
Come sono stati finora utilizzati i fondi FESR?
Questi fondi vengono stanziati ogni sette anni. Questo ci permette di analizzare con molta lucidità l’effetto di quanto prodotti da questo programma tra il 2007 e il 2013. In questo periodo sono stati stanziati in Italia per il Fondo 202 miliardi di euro che sono stati così ripartiti:
- Il 54% è stato destinato ad infrastrutture;
- Il restante 46% è stato invece usato per l’acquisto di beni e servizi della Pubblica Amministrazione e per erogare sussidi alle imprese.
In Italia la stragrande maggioranza dei fondi sono stati utilizzati in cinque Regioni:
- Puglia;
- Basilicata;
- Campania;
- Sicilia;
- Calabria.
Gli studi di settore hanno messo in evidenza che questi fondi hanno prodotto ottimi risultati quando sono ricaduti su personale specializzato e in possesso di progetti accuratamente programmati. Se ci pensiamo rappresenta un aspetto alquanto ovvio, ogni intervento per risultare produttivo deve essere ben studiato e affidato a mani che siano in grado di muoversi nella giusta direzione. Diversamente sarebbe come pensare di assemblare una macchina andando per tentativi, con risultati logicamente spesso non soddisfacenti ed enormi sprechi di denaro pubblico e di tempo.
Un atteso aumento di produttività
L’aspetto più interessante è però quello legato alla produttività dei territori. Uno studio realizzato dal Paper della Banca d’Italia ha messo infatti in luce che in questi stessi anni si è verificato un aumento che oscilla tra il 5% e il 7% della produttività del sud Italia. Di conseguenza hanno preso in analisi una domanda che poteva sorgere in modo automatico: su questo effetto benefico hanno inciso i fondi FESR? La risposta è sì, almeno parzialmente. A renderlo evidente è lo studio sulle ripercussioni generate dagli interventi sulle infrastrutture locali.
In questo senso investire sulle infrastrutture ha portato i territori interessati a crescere in produttività, migliorando anche la qualità delle istituzioni e il livello di urbanizzazione. In poche parole i fondi, se affidati a mani esperte e ben organizzate, hanno migliorato la qualità degli ambienti e impiegato importante forza lavoro. Da qua nasce il rapporto precedentemente citato, secondo cui ad un aumento del 10% dell’erogazione dei fondi FESR corrisponde un aumento dello 0,3% del fattore di produttività. Una percentuale che può sembrare bassa, se sottoposta ad una valutazione superficiale, ma che è molto positiva perché comporta benefici a cascata su molte realtà differenti.
Solo per fare un esempio banale: dal ripristino della pavimentazione di una piazza (quindi un intervento di urbanizzazione semplice ma frequente), beneficerebbero:
- I lavoratori impiegati nella progettazione e nell’intervento;
- I cittadini che avranno una piazza più vivibile;
- I negozianti della zona che godranno di un incremento dell’afflusso di persone nella piazza;
- l’intera urbanizzazione che migliorerebbe il proprio status generale.
Molto più complessa è invece la valutazione legata all’impatto che hanno avuto i fondi concessi alle imprese, per le quali è ben più difficile stabilire le ricadute sul territorio.
Oltre la produttività
La produttività è però una parola strana, forse anche un po’ malsana e figlia dei tempi che stiamo vivendo. Dietro al concetto di produttività c’è infatti l’attitudine a voler ottenere sempre qualcosa di migliore, di superiore in ambito economico. Se però questa produttività l’applichiamo al sociale, come abbiamo visto nell’esempio della piazza, ecco allora che il concetto diventa improvvisamente molto più umano e sostenibile.
Per questo motivo nel prossimo articolo di questa rubrica, Filo d’Europa, vedremo proprio un esempio tangibile di un intervento in procinto di essere realizzato qua in Italia, per cui sono stati stanziati dei fondi importanti che genereranno ripercussioni positive su tutta la popolazione della zona. Oggi abbiamo visto un aspetto teorico, forse anche un po’ freddo e, passatemi il termine anche noioso, che mostra però bene come la vita delle persone può essere coinvolta e migliorata dall’utilizzo oculato dei fondi europei.
Infine occorre anche precisare che i fondi FESR sono solo una piccola esigua fetta dei finanziamenti europei, ripartiti sotto progetti, nomi e destinazioni differenti. Tutti questi hanno però un unico obiettivo: rendere maggiormente sostenibile questa Europa perennemente sospesa tra un passato glorioso e un futuro incerto.
by Davide Bagnoli