La ricerca sull’identità europea è vista come una peculiarità dei centri di ricerca specifici, delle università o di singole persone che hanno semplicemente il desiderio di approfondire questa tematica. Dunque, come tante discipline che sono comunemente considerate essere pura dottrina dai pochi risvolti pratici, anche questo tipo di studio è considerato ad appannaggio di pochi.

 Questo comporta un interesse limitato sulle tematiche europee da parte dei cittadini, riservato il più delle volte al beneficio economico immediato al quale si può accedere facendo parte di un’unione economica. Anche in questo caso, tuttavia, esiste un comune scetticismo relativo alle difficoltà di accedere a determinati finanziamenti previsti dall’UE.

Sul piano politico e giuridico, nonostante il riconoscimento del ruolo delle istituzioni europee, c’è una vacuità dovuta all’assenza di una Costituzione comune, quindi di vincoli giuridici e costituzionali certi. I confini tra sovranità europea e sovranità degli stati, relativamente a determinate tematiche considerate fondamentali per i valori su cui si poggia l’UE, sono piuttosto incerti. Questo genera bracci di ferro tra poteri sovranazionali e statuali, diventando un terreno fertile per l’insorgere dei nazionalismi.

L’Europa viene spesso vista come un qualcosa di totalmente astratto, di cui si sente spesso parlare nei telegiornali, ma che non è realmente tangibile, se non per i funzionari, gli europarlamentari o gli addetti ai lavori.

Le domande che ci poniamo è: in questo contesto è possibile costruire o rintracciare un’identità europea? Se essa è possibile, quali forme deve avere per essere vissuta? Può portare dei benefici concreti ai cittadini? Come possono storie e culture così diverse tra di loro fondersi in un’ unica identità?

Questo breve lavoro proverà a fornire alcune linee guida. Si partirà dal presupposto che parlare di identità europea in termini politici, economici o giuridici sarebbe tanto azzardato quanto fallimentare. Soltanto un linguaggio diverso può portare a risultati più incoraggianti nell’avvicinare i cittadini all’identità europea. Questo deve essere in grado di andare oltre i discorsi politici ed economici, che possa portare i cittadini a determinate riflessioni sull’identità europea e sui modi nei quali essa può essere autenticamente sentita e vissuta. Riferendosi a questa, saranno frequenti i termini ‘recupero’, ‘scoperta’ e ‘costruzione’, che alludono ad un processo univoco che comprende passato e futuro.

IL PROBLEMA DELL’IDENTITÀ EUROPEA

Alberto Martinelli mette in luce gli aspetti più rilevanti relativamente al problema di un’identità europea.

’[…] l’Europa è stata nei secoli un mondo aperto e multiforme, in cui si sono incrociate e confrontate diverse identità culturali che hanno costantemente messo in discussione le credenze condivise e i legami unificanti ( motivo per cui molti ritengono più opportunamente parlare, al plurale, di identità europee). In secondo luogo perché, anche in conseguenza di ciò, solo alcuni degli elementi costitutivi dell’identità di un popolo sono presenti nel caso dell’identità europea: si rileva che non esiste né un demos europeo, né una memoria storica univoca (dal momento che non è possibile una trasformazione mitica e celebrativa in epopea neppure degli eventi condivisi, perché le vittorie comuni degli uni sono sconfitte degli altri, Austerlitz è celebrata a Parigi, Trafalgar a Londra, né una lingua comune trasfigurata in valore (come la koinè greca), né una rete rapporti di parentela, lignaggio o stirpe […] In terzo luogo perché la cultura europea è diventata parte integrante della cultura della modernità, diffondendosi progressivamente nel mondo intero e producendo, pur nella molteplicità di diverse forme, una condizione moderna globale, il che induce alcuni studiosi a pensare che oggi sia difficile, o addirittura impossibile, delineare una specificità europea’

Questo passo è esemplare nel fornire gli elementi necessari da cui partire per rispondere alle domande dalle quali parte questo lavoro. Vediamo da subito che l’autore mette in evidenza l’impossibilità di rintracciare un’identità comune a causa delle forti diversità presenti all’interno del continente. A tal proposito, egli parla di più identità che tuttalpiù convivono, ma i cui tratti non si possono fondere. Parlando dell’aspetto culturale, egli commenta che non è neanche in questo caso possibile rintracciare una comune appartenenza. Infine, mette in luce la difficoltà di alludere ad una ‘cultura europea’, probabilmente intesa come quell’ insieme di caratteristiche religiose, filosofiche e giuridiche legate tradizionalmente al mondo occidentale incarnato dall’Europa.

Alle osservazione di Marinelli riguardo la diversità culturale in termini di lingua e tradizione dei popoli europei, se ne aggiunge un’altra relativa all’esistenza di un qualsiasi paradigma culturale comune. Senza entrare troppo nel merito di un discorso che esulerebbe da questo lavoro, ci sono almeno due obiezioni che possono essere fatte in merito all’esistenza o meno di questo paradigma culturale. 

La prima ragione è che il contesto socio-culturale europeo è stato caratterizzato da un continuo movimento che ha di fatto posto le basi di quella che gli storici chiamano ‘cultura europea’. Ciò significa che determinati corollari quali la filosofia, la religione cristiana, le scienze empiriche sono nate sotto la spinta di contatti avvenuti all’interno delle popolazioni euroasitiche. Nonostante queste si siano successivamente evolute in ‘senso europeo/occidentale’, proprio per la caratterizzazione dello spazio mediterraneo, è ipotizzabile che la ‘cultura europea’ abbia elementi misti, ovvero sia autoctoni che derivate da altre culture exstareuopee.

La seconda obiezione riprende la prima, in particolare l’identità religiosa basata sul cristianesimo. Secondo Radeljic, l’identità europea ha adottato la religione cristiana quale suo tratto distintivo in contrapposizione con l’Islam. Egli asserisce che, in risposta alle migrazioni da parte delle popolazioni islamiche, che in Europa sono state numerose a partire dagli anni ‘80, si sia voluta rafforzare l’appartenenza al Cristianesimo quale strumento per ‘trattare la presenza dell’Islam. 

Rivolgendo lo sguardo ai fenomeni migratori che negli ultimi decenni si sono acuiti, vediamo che ormai le città europee sono diventate multiculturali. Il confine tra musulmani, cristiani e altre confessioni è sempre più labile, al punto che anche le stesse società europee stanno diventando interculturali. Questo nuovo assetto sta completamente scardinando il paradigma culturale del cristianesimo.

Pensare all’identità europea in senso culturale oggi significa, da un lato, conoscere e riaffermare le sue origini, ovvero uno spazio in movimento e di apertura, dall’altro portare avanti i valori derivati dalla peculiare evoluzione della ‘cultura europea’. In altri termini, se esiste un’identità europea basata su di una cultura, questa è un’identità mista e peculiare allo stesso tempo. Conserva sia gli elementi primordiali derivati dai contatti attraverso i quali si è formata, sia quelle caratteristiche derivati dalla cultura greco-romana e dalle successive evoluzioni.

Questa ‘dimensione mista’ dell’identità europea deve essere riaffermata, in quanto è una riconquista dello spazio europeo, che era stata sottratta dall’insorgere dei nazionalismi della metà del ‘900. Il progetto UE, nato dalle ceneri degli orrori dei nazionalismi, intende riprendersi questo spazio, dare la possibilità alla nuova Europa di essere il luogo per eccellenza dei diritti umani, delle non discriminazioni, delle libertà e delle uguaglianze e della pace. I trattati sono una conquista di questa dimensione identitaria, tuttavia non bastano. Occorre una formazione più profonda relativa ruolo dell’identità europea.

Il problema principale di oggi è che si parla di Europa Unita in termini principalmente politici o economici. Si cercano strade, sicuramente giustissime, per rafforzare il mercato e le istituzioni, dando un ruolo più marginale all’aspetto umanistico. Il dato paradossale è il rischio di aggravare la lontananza tra cittadini e l’identità europea. Costruire un contesto istituzionale sovranazionale, non basta certamente a omologare culture giuridiche e contesti socio culturali così diversi tra di loro.

 Per questo motivo, non si può parlare di identità europea e di Europa Unita negli stessi termini. Le profonde differenze tra Stati rendono vani tutti i  tentativi di dare all’identità europea un’accezione politica, giurisdizionale ed economica. Anzi, si potrebbe dire che sia addirittura controproducente parlare dell’identità europea in una di queste.

Martinelli dice che l’UE ha raggiunto un unione sotto il profilo economico, ma non sicuramente politico o culturale. Questa visione è condivisa anche da Laura Frosina, la quale mette in evidenza l’incertezza dello status giuridico dell’UE. Secondo l’autrice, ad una crescita sulla carta dell’UE in termini di valori comuni condivisi non si è affiancata l’affermazione di una precisa connotazione giuridica.

Anche dal punto di vista economico, soprattutto alla luce dell’entrata dei Paesi ex Urss, le cui economie erano fortemente compromesse dal sistema comunista, una vera omologazione in senso identitario ha assunto le sembianze di un’utopia! Oltre tutto, il mercato comune non potrebbe nemmeno generare una vera e propria identità in quanto soggetto alle regole della competitività.

‘Il legame instaurato tra i popoli europei da un mercato comune non è sufficiente a definire e a promuovere a livello collettivo una linea di confine dello spazio comunicativo che leghi tra di loro, in termini di libertà e di uguaglianza, gli individui che si muovono entro questo stesso spazio. Non può che essere così perché i legami del mercato fanno riferimento pur sempre a una cultura della competizione, a una logica di scambio economico che ubbidisce a interessi esclusivamente razionali che comprimono ogni dimensione emotiva, a un tipo di relazione sociale che non incoraggia i valori di solidarietà indispensabili a una comunità politica’

Gli elementi politici ed economici, tuttavia, rappresentano anche l’aspetto più palpabile del progetto Europa e quindi anche quelli che permettono un tipo di approccio più pratico all’identità europea. Di fatto, sono le strategie politiche e le sovvenzioni economiche che portano avanti il progetto Europa. Essi sono lo strumento principale dell’integrazione europea e per questo possono essere considerati, metaforicamente, come un percorso che porti i cittadini ad avvinarsi all’identità europea. Questi elementi devono essere integrati in una formazione di tipo riflessivo che permetta di comprendere i meccanismi di fondo della loro esistenza e del loro funzionamento, compresi i motivi per cui essi non possono essere la risposta ultima all’identità europea. Alla riflessione su questi elementi va dunque integrata un’analisi storica in grado di mettere in evidenza il cammino dell’idea Europa, come essa si sia trasformata da idea in progetto, come si è manifestata, quali stati i suoi tratti caratteristici e in che modo essi possono essere riscoperti.

CONOSCERSI E RICONOSCERSI

Dalle premesse teorizzate fino ad ora, possiamo trarre alcune conclusioni. Capire cosa significa ‘essere europei’ è fondamentale per ‘comportarsi’ da europei. Soltanto un’adeguata formazione che metta in evidenza in chiave riflessiva il significato di Unione Europea, di ‘modo di vivere europeo’ può aiutare i cittadini a comprendere che l’UE non soltanto uno luogo economico e politico, ma un’effettiva riscoperta di se stessi come parti in causa di uno stesso progetto.

Questa consapevolezza è fondamentale tanto quanto pratiche e azioni concrete che permettano di suggellare il legame tra l’appartenenza e la partecipazione alla vita politica europea

‘’ Lo sviluppo di un autentico processo di identificazione inizia sì dalla consapevolezza di un’appartenenza comune, ma si completa solo con pratiche e comportamenti coerenti. In tal senso l’intensità del sentimento di appartenenza all’Europa lascia a desiderare. Nei vari referendum che si sono succeduti nel tempo (norvegese, irlandese, danese, spagnolo, francese, olandese), in cui i cittadini sono stati chiamati ad esprimere consenso o dissenso per l’adesione o la ratifica di un trattato, spesso l’esito è stato negativo e quasi sempre la partecipazione piuttosto modesta. I tassi di partecipazione alle elezioni per il Parlamento europeo sono scarsi e calati nel tempo. Decisioni e azioni concrete, che comportano una condivisione dei problemi e dei costi da pagare per una loro soluzione, mostrano in tutta la loro evidenza le fratture esistenti tra i cittadini degli Stari membri’’

Come evince dal passo citato, il problema fondamentale è questa frattura tra cittadini europei. Essi non hanno una memoria storica tale da generare un sentimento del vivere comune, che permetta di condividere  valori e obiettivi. I valori sono più sentiti a livello nazionale che non comunitario, e spesso si tende ad avere immagini stereotipate degli altri popoli europei. Questo aspetto è molto critico in quanto mostra i grandi limiti a cui il processo di integrazione, nato come abbiamo detto per contrastare i nazionalismi, è ancora soggetto. Le motivazioni riportate, in parte, provocano un allontanamento dei cittadini dall’identità europea. Questo è aggravato ulteriormente dallo scetticismo dei cittadini che ritiene che la loro voce non conta nell’UE. Da un sondaggio del 2014, la percentuale dei cittadini che lamenta questa mancanza era del 52%. 

Un altro dato critico è relativo alle conoscenze sull’UE. In un’indagine su un campione di giovani dai 16 ai 30 anni, il 55% ha risposto di non conoscere quasi nulla dell’UE, mentre il 42% afferma essere in possesso soltanto di una piccola quantità di informazioni riguardo l’UE.

Dunque emerge chiaramente la necessità di formare e informare i cittadini attraverso un approccio sia riflessivo che informativo sull’UE, dando la possibilità di capire che essi possono essere gli attori di uno spazio condiviso, dove poter collaborare per uno sviluppo. Oltre alla comprensione del significato di Europa unita, i cittadini devono essere messi nella condizione di poter agire insieme. La Conferenza sul futuro dell’Europa è stata un’ iniziativa molto valida. Essa permette di stimolare i dibattiti tra cittadini europei, dando loro modo di proporre anche iniziative. 

Tuttavia, occorre una complementarità di formazione, informazione e di esperienze pratiche di condivisione per poter comprendere appieno il significato di identità europea. Se i cittadini fossero adeguatamente portati a riflettere sul significato di Europa, sulle sfide europee in relazione ai bisogni locali e comunitari, sulle opportunità di sviluppare e portare a compimento strategie comuni in grado di impattare sui bisogni, allora forse l’identità europea avrebbe un valore più forte,  recuperando quel tratto distintivo che la contraddistingue.

CONCLUSIONI: LA PROSPETTIVA DI ERASMUS PLUS

Tra le strategie politiche dell’UE, il programma Erasmus plus appare quello più funzionale per la conoscenza/ recupero dell’identità europea. Questo programma, oltre ad essere specifico per la formazione nel campo del lavoro e dell’istruzione scolastica e universitaria, permette anche una mobilità e dunque la possibilità di acquisire nuove competenze interculturali. Esso è, tra i programmi europei, quello probabilmente di maggior successo essenzialmente per due motivi: innanzitutto, rispetto ad altri  programmi, questo è quello più accessibile ed inclusivo, essendo un programma per la formazione e l’istruzione. L’altro motivo è probabilmente prettamente emotivo e spesso ludico, dato che permette di vivere esperienze all’estero.

Ma in verità questo programma ha un significato molto profondo e specifico. La sua particolarità è quella di permettere di vivere autenticamente lo spazio europeo come luogo di scambio e di opportunità di crescita insieme. Esso permette la connessione di più identità e il loro reciproco arricchimento nel settore formazione e istruzione, dando la possibilità di mettere sul piatto comune i bisogni specifici ma anche i punti di forza delle varie comunità che vivono all’interno dell’UE. 

A tal proposito, nel Rapporto dell’Unesco della Commissione internazionale sull’educazione per il XXI secolo, Jacques Delors spiega in questi termini il significato dei vari programmi di formazione sotto Erasmus Plus

‘’Lo scopo di questi programmi è quello di consentire ai paesi partecipanti di trarre collettivamente beneficio dai vantaggi che essi possiedono separatamente ad ogni livello di educazione, compensando in tal modo le carenze nazionali. Tale collaborazione consente ai giovani, in particolare agli studenti, di trarre vantaggio dai corsi di studio disponibili nei vari stati membri dell’Unione, contribuendo così a una migliore comprensione reciproca tra i popoli’’

I programmi che convivono all’interno di Erasmus plus sono relativi alle varie azioni che permettono lo sviluppo della ‘comprensione reciproca tra i popoli’ e all’arricchimento reciproco i termini di conoscenze e migliori prassi nel campo dell’apprendimento. Oltre ai partenariati strategici, specifici per la collaborazione e l’innovazione, ci sono  altri programmi specifici. 

Tra questi troviamo: le azioni per lo sport, mirate all’apprendimento e alla formazione del personale nel settore sportivo e al miglioramento delle politiche in campo sportivo; le azioni Jean Monnet, che intendono stimolare l’apprendimento, la formazione, la ricerca e i dibattiti sui vari aspetti dell’UE; azioni Erasmus Mundus, finalizzate alla  creazione di programmi di studio congiunti tra le università europee, in grado di attirare studenti da più parti del mondo. Il programma è aperto agli Stati membri e ad altri specifici Paesi Terzi. A livello delle organizzazioni che possono partecipare, dalla nuova programmazione 2021-2027 sono state inserite anche le small scale, ovvero partenariati aperte ad enti che non hanno mai avuto un finanziamento. Questi partenariati sono contraddistinti da importi di finanziamento minori e da una gestione amministrativa più semplice.

Il programma si caratterizza per le sue priorità, che vanno dalla digitalizzazione alle conoscenze sulla sostenibilità ambientale, dall’inclusione sociale e delle organizzazioni alla partecipazione alla vita democratica. La prospettiva nel quale esso si muove è la realizzazione di un ponte tra il passato e il futuro dell’Europa, attraverso la conoscenza dei valori tradizionali e la guida all’acquisizione di nuove competenze atte ad affrontare le sfide del futuro. A differenza di altri programmi più specifici, Erasmus plus, essendo mirato all’apprendimento, è il più versatile.

In altri termini, esso può rappresentare il movimento di un’identità europea alla (ri) scoperta di se stessa quale luogo delle identità, spazio peculiare della collaborazione, del dialogo, dell’apertura e dell’inclusione.

Prima di partecipare ad un progetto Erasmus, sarebbe auspicabile una formazione specifica sul suo significato. Le scuole, le università o tutti gli enti di formazione dovrebbero preparare adeguatamente i propri dipendenti e/o discenti sul motivo per cui il programma è nato. Questo permetterebbe loro di vivere l’esperienza in un’altra ottica, più profonda e più connessa all’identità europea

di Ivan Sardella

 

 

bibliografia

J. Delors, Nell’educazione di un tesoro. Rapporto all’UNESCO della Commissione internazionale sull’educazione per il xxi secolo, 1997

L. Frosina, La crisi esistenziale del’Unione Europea tra deriva intergovernativa e spinte centrifughe in «Nomos», quadriennale di teoria generale, diritto pubblico comparato e storia costituzionale», n.2, 2018, pp. 1-20

G.,  B.,  Lattes, L’identità europea tra memoria e futuro, in «Società mutamento politico», Vol.1, n. 1, 2010 pp. 23-39 

B., Romano, Misto Europa immigrati e nuove società. Un viaggio nel vecchio continente, Longaresi, Milano, 2008

B. Radeljic, Identità europea. Questioni ufficiali e non–ufficiali, in A., Angelini (a cura di), Separated children Minori, identità e pratiche dell’appartenenza, Aracne editrice int.le S.r.l., , 2016, pp. 51-70

A., Martinelli, , L’identità europea oggi: come è cambiata nel tempo, in Europa, un’utopia in costruzione, Istituto dell’enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2018, pp. 631-646

webografia

Parlamento Europeo, https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-8-2016-0021_IT.html, visualizzato il 7/2/2022

Parlamento europeo, https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/it/be-heard/eurobarometer/youth-survey-2021, visualizzato il 7/2/2022

Di adminUE

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